Il Lambro, il principale fiume della Brianza, nasce proprio nel cuore del Triangolo Lariano, ad una quota di 944 metri presso il Pian Rancio. La sua sorgente principale si trova immersa in un bosco di abeti rossi e larici: qui il celebre fiume è poco più di un esile filo d'acqua che sgorga tra due lastroni rocciosi paralleli che affiorano inclinati, quasi a volerne accompagnare il primo tratto. Il nome di questa sorgente, "Mena-resta", rispecchia la sua caratteristica più curiosa: ha infatti una portata pressoché continua per tutto il corso dell'anno, ma ad un attento esame mostra un andamento intercalante dove, a periodi in cui il flusso è modesto, fanno seguito intervalli con sensibili incrementi di portata. Questa particolarità era già stata citata nel 1794 dal Bibliotecario dell'Ambrosiana di Milano, Carlo Amoretti, autore di una delle prime "guide turistiche " nel senso moderno del termine, il "Viaggio da Milano ai tre Laghi": "Vedesi sopra Magreglio … una sorgente d'acqua intermittente, detta la Menaresta… nasce da uno scoglio… ov'è il Pian-rancio. Ad ogni otto minuti all'incirca la sorgente fa un sensibilissimo aumento, e se n'ode l'interno romorio. Dura circa tre minuti l'accrescimento, e cinque il decrescere. Ivi comincia propriamente il Lambro". Tale caratteristica è legata alla natura carbonatica delle rocce presenti della zona, soggette a fenomeni carsici superficiali e sotterranei.
Le variazioni di portata della sorgente Menaresta sono determinate dalla presenza di una cavità carsica sotterranea nella roccia dolomitica, collegata all'esterno per mezzo di un condotto a forma di sifone rovesciato. In questo vano, che funge da serbatoio, si raccoglie l'acqua circolante nella roccia circostante, molto permeabile, attraverso delle fessure di alimentazione. Quando il livello d'acqua nella cavità raggiunge una certa altezza, corrispondente al gomito del sifone, l'acqua comincia a defluire copiosa. La sorgente aumenta così di portata, fino a che il livello dell'acqua nella cavità scende sotto il: da questo momento la portata si riduce fino a quando l'acqua non avrà riempito nuovamente il serbatoio.
Nei pressi della sorgente, sul fianco sinistro del vallone, si apre la grotta detta "Bus di pegur", il "Buco delle pecore". Citata per la prima volta, seppure in modo anonimo, dall'Amoretti, è stata esplorata sistematicamente per la prima volta nei primi anni '50 del secolo scorso. Il suo ingresso, alla base di una parete rocciosa, conduce a diversi ambienti in cui si possono osservare concrezioni parietali e colonnari, stalattiti e altre forme di deposizione, alcune delle quali ricordano nella loro forma il dorso lanoso delle pecore (da cui è derivato il nome della grotta). All'interno della grotta, colonizzata da una interessante fauna con Insetti cavernicoli, sono stati ritrovati anche resti fossili di marmotta.
La Menaresta si trova all'interno di un bosco di conifere, prevalentemente formato da abeti rossi e larici; questi alberi, di considerevoli dimensioni, riducono notevolmente la quantità di luce che può penetrare fino al suolo e contribuiscono, con la costante caduta degli aghi, ad impoverire le caratteristiche del terreno. Li accompagnano qualche acero e arbusti quali il nocciolo e il sambuco. Nelle immediate vicinanze della sorgente riesce quindi a vivere solo una flora molto comune e spartana, composta di specie relativamente comuni: spiccano le fioriture della rosa di Natale, di primule e dell'erba triloba.