Il Lambro, il principale fiume della Brianza,
nasce proprio nel cuore del Triangolo Lariano, a
quota 944 metri nei pressi del Pian Rancio. Qui
il fiume è poco più di un esile filo d’acqua che
sgorga tra due lastroni rocciosi inclinati. Il
nome di questa sorgente, “Mena-resta”, rispecchia
la sua caratteristica più curiosa: ha infatti
una portata pressoché continua per tutto
il corso dell’anno,ma ad un attento esame mostra
un andamento intermittente dove, a periodi in cui il flusso è più modesto, fanno
seguito momenti di sensibile incremento. Tale peculiarità è legata alla combinazione
di due fattori: la natura carbonatica delle rocce presenti della zona, soggette a fenomeni
carsici superficiali e sotterranei e la presenza di una faglia - cioè di una discontinuità
nella regolare successione delle formazioni rocciose - che determina l’accumulo di
acqua nel sottosuolo.
La sorgente ed il primo tratto del Lambro rappresentano un ecosistema ancora abbastanza
conservato, nonostante i numerosi interventi dell’uomo non sempre rispettosi
della natura. Il suo buono stato di “salute” è infatti testimoniato dalla presenza di una
particolare fauna bentonica, ovvero una comunità di piccoli organismi invertebrati che
vivono sul fondo del torrente, particolarmente adattata agli ambienti di acque correnti
e pulite, non intaccate dall’inquinamento, tra cui sono abbondanti le larve acquatiche
di alcune specie di Insetti, come i Plecotteri, i Tricotteri e gli Efemerotteri, i cui
adulti sfarfallano nell’ambiente subaereo.
La sorgente si trova immersa in un bosco costituito prevalentemente da Abeti rossi
(
Picea abies) e Larici (Larex decidua), accompagnati da qualche sporadica latifoglia, soprattutto
Aceri (
Acer sp.), con un sottobosco piuttosto povero, limitato alla Rosa di Natale
(
Helleborus niger), alle Primule (Primula vulgaris), all’Erba trinità (Hepatica nobilis)
e all’Anemone dei Boschi (
Anemone nemorosa). Quest’ultimo, durante il mese di marzo
ricopre letteralmente il terreno di fiori bianchi, donando un ulteriore tocco di magia ad
un ambiente già di per sé molto suggestivo. Le conifere naturalmente si troverebbero
ad altitudini superiori, ma qui sono state introdotte artificialmente dall’uomo in occasione
di estesi rimboschimenti a cavallo degli anni ’50-’60 del secolo scorso, causando
l’acidificazione del suolo.
Dal punto di vista faunistico, sono da segnalare tra i Mammiferi il Toporagno nano
(
Sorex minutus), la Volpe (Vulpes vulpes), la Faina (Martes foina), il Capriolo (Capreolus
capreolus
) e tra gli Uccelli nidificanti, il Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), il
Picchio muratore (
Sitta europea), il Regolo (Regulus regulus) e lo Sparviere (Accipiter
nisus
).
Nei pressi della sorgente, sul fianco sinistro del vallone, si apre una piccola grotta detta
“
Bus di pegur”, il “Buco delle pecore”. Il suo ingresso, alla base di un modesto affioramento
roccioso, modellato dai ghiacciai in modo tale da assumere l’aspetto di una roccia montonata,
conduce a due ambienti in cui si possono osservare concrezioni parietali
e colonnari, stalattiti e altre forme di deposizione, alcune delle quali ricordano come
aspetto il dorso lanoso delle pecore (da cui sarebbe derivato il nome della grotta).
A pochi metri dalla Menaresta vi è invece un grosso trovante di roccia granitoide, di
forma allungata, ricoperto di una patina verdastra di muschi e licheni, sul quale compaiono
alcune incisioni preistoriche o protostoriche certamente eseguite dall’uomo:
alcune coppelle sparse irregolarmente (tra cui una in posizione sommitale e una piccola,
ma ben marcata, che sbocca in un canaletto) e un segno rettilineo lungo la massima
pendenza del masso.
Narra un’antica leggenda brianzola che, durante una tremenda siccità in cui perfino il
fiume Lambro si era prosciugato, l’ariano re longobardo Autari promettesse alla moglie,
la cristiana Teodolinda, di convertirsi al suo Dio se il flagello fosse cessato. La regina,
dopo averemolto pregato, chiese aiuto ad Eriprando, un pio eremita delle boscose
selve della Val Ravella, il quale si mise a risalire il corso inaridito del fiume alla ricerca
delle sorgenti. D’improvviso apparve all’eremita un misterioso cacciatore con arco e
faretra che gli consegnò una fronda di nocciolo rimasta miracolosamente verde, spiegandogli
come questa gli avrebbe fatto
trovare di nuovo l’acqua. Eriprando riprese
a salire e, quando ormai le energie
lo stavano per abbandonare, sentì
una forzamisteriosa piegare il ramo del
nocciolo verso la base di un masso affondato
nella terra. L’eremita smosse
appena la terra e subito scaturì l’acqua
tanto attesa. E il re Autari, obbediente
al suo voto, si convertì al cattolicesimo,
con grande gioia di Teodolinda.
COME ARRIVARE
Dal paese di
Magreglio (744m) si arriva
con una strada carrozzabile alla località
Pian Rancio (973m) dove c’è la possibilità
di parcheggio. Qui si seguono le indicazioni
per la sorgente del Lambro, al
fondo di una strada sterrata denominata
Via Menaresta (ore 0,10).
GRADO DI DIFFICOLTÀ
Elementare.
La zona della sorgente è
di facile accesso per tutti.
ESCURSIONI NELLA ZONA
A Pian Rancio, oltre ad alcuni bar e ristoranti, si trova anche il Jungle Raider Park, un
parco divertimenti
realizzato sugli alberi, all’interno di un bosco di conifere, nei pressi della sorgente
del Lambro; si tratta di un percorso
sospeso tra gli alberi che si
sviluppa su tronchi, passerelle,
liane, ponti nepalesi.
Dalle sorgenti, inoltre, seguendo
un
facile sentiero attrezzato e
corredato da alcuni pannelli didattici
lungo il primo tratto del
fiume, si scende verso valle passando
nel mezzo di un bel bosco
misto. Il sentiero continua poi in
una comoda strada asfaltata
fino al centro abitato di
Magreglio
(744 m; ore 0,45).
DA VEDERE NEI DINTORNI
Due monumenti naturali
La
Pietra Luna (974m) si trova al limitare del
Pian Rancio, sul bordo del ripido pendio degradante
verso Bellagio, all’interno del parco del
Ristorante Pietraluna (ex-Villa Buttafava), e pertanto
per la sua visita occorre contattare la direzione
del locale. Si tratta di un masso erratico
di gneiss micaceo dalla forma a tronco di piramide,
proveniente dall’Alta Valtellina; deve il
suo curioso nome ad una mezzaluna incisa su
un fianco, accompagnata dalla data 1763 e dall’acronimo
PLDB, che secondo alcuni autori starebbe
a significare “Pietra Luna di Bellagio”,
secondo altri “Pietra Luna Donarini Buttafava”,
dal nome del proprietario. Questo masso è noto per essere stato al centro di numerose dispute
di confine fra i terreni amministrati dall’Abbazia di S. Ambrogio (Civenna Limonta) e la Comunità
di Bellagio. Una leggenda locale narra come il diavolo avesse appoggiato la mano sulla
pietra, lasciandone impressa per sempre l’impronta. La Pietra Luna nel 1984 è stata dichiarata
“Monumento Naturale”dalla Regione Lombardia, che ne ha affidato la gestione alla Comunità
Montana Triangolo Lariano.
Poco lontano, sempre all’interno della proprietà del Ristorante, c’è un altro enorme masso erratico
detto
Pietra Sole, così chiamato per la sua curiosa incisione, risalente forse alla fine del
secolo XVIII.
La
Pietra Lentina (940m) è situata lungo la strada che dal Pian Rancio scende a Bellagio all’altezza
del primo tornante. Si tratta di un enorme masso erratico di granito ghiandone proveniente
dalla Valtellina, il più
voluminoso della Lombardia (con
i suoi 1500 metri cubi circa di volume),
trasportato e abbandonato
dai ghiacciai quaternari al loro ritiro.
La superficie superiore di
questo masso è quasi pianeggiante
ed è interessata da piccole
cavità dovute probabilmente ad
erosione meteorica, ma che una
antica tradizione popolare interpreta
come il segno di palle infuocate
lanciate per divertimento sopra la roccia da diavoli giocherelloni. Come la Pietra Luna
costituiva un termine di confine tra i terreni amministrati dall’Abbazia di S. Ambrogio (Civenna
Limonta) e la Comunità di Bellagio. La Regione Lombardia nel 1984 ha dichiarato la Pietra Lentina“
Monumento Naturale”, affidandone la gestione alla Comunità Montana Triangolo Lariano.
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