Civenna, Lezzeno, Sormano, Veleso, Zelbio
Il Monte San Primo, con i suoi 1681 m, è la cima più alta del Triangolo Lariano e anche
uno dei punti più panoramici. Dalla sua sommità il paesaggio è molto affascinante e
di ampio respiro: a nord la punta di Bellagio che si protende tra i due rami del lago, circondato
dalle montagne, a sud le dolci colline della Brianza, la pianura e l’evanescente
profilo degli Appennini. Il San Primo è stato, ed è tuttora, un punto di riferimento importante
per gli abitanti della zona. La vetta è contrassegnata da una croce, due antenne
radio ed un punto trigonometrico dell’Istituto Geografico Militare, simboli della
tradizione religiosa e delle moderne comunicazioni, nonché caposaldo geografico.
Fin dall’antichità, le sue estese pendici, le “selle” ed i pianori in quota - come altri rilievi
del Triangolo Lariano – hanno ospitato insediamenti umani, con lo sviluppo di una
florida economia “di montagna”. In particolare, l’allevamento del bestiame, con la produzione
dei derivati del latte, il taglio della legna, il taglio del fieno, sono state per secoli
le attività tradizionali, fino agli anni‘40 circa dello scorso secolo.
Dal Medioevo, ma ancora di più nei secoli XVIII e XIX, l’uomo ha progressivamente eliminato
la copertura vegetale della parte sommitale delle montagne del Triangolo Lariano,
costituita principalmente da Faggi (
Fagus sylvatica), per ricavarne legna da ardere
e praterie da sfalcio, regolarmente tagliate e concimate per produrre fieno. L’effetto di
questo processo è visibile ancora oggi: infatti tutta la dorsale del Triangolo Lariano è
priva di vegetazione, anche se, con l’abbandono dell’allevamento, in molte zone, questi
ambienti sommitali, non più tenuti a prato, sono stati colonizzati da boscaglie pioniere
di Betulle (
Betula pendula) e Noccioli (Corylus avellana), preludio ad un prossimo
ritorno della faggeta.
In tutta la zona sono ancora
presenti i resti degli antichi alpeggi,
ognuno con un proprio
nome, talvolta curioso, dove
veniva condotto il bestiame
durante la bella stagione. Vicino
a queste costruzioni non è
raro trovare la presenza di altre
strutture di supporto all’allevamento,
quali il “
casello” per
la stagionatura dei formaggi, la “
nevéra”, dove venivano conservati con la neve i generi
alimentari deperibili e le caratteristiche “
bolle” di abbeverata. Molte delle antiche costruzioni
sono state abbandonate e sono andate completamente in rovina; alcune invece
sopravvivono ancora, spesso trasformate in aziende agrituristiche o punti di
appoggio per itinerari turistici. Altre sono state recuperate dalla Comunità Montana
per ripristinare l’attività del pascolo, come l’Alpe di Torno e l’Alpe del Borgo.
È significativo come le carte topografiche della zona riportino ancora la colorita nomenclatura
di questi alpeggi. I toponimi possono conservare un’indicazione riferita al
nome del proprietario o dei gestori (
Alpe del Lingeri, Alpe del Borgo, Alpe delle Ville) o
al suo soprannome (
Alpe del Ciucchetton), oppure ancora legata al nome del paese o
del nucleo abitato più vicino (
Alpe di Torno), alla presenza di un elemento geografico
preciso (
Alpe del Sasso) o ad una caratteristica dell’alpeggio (Alpe di Terrabiotta). In
qualche caso invece i nomi degli alpeggi ricordano animali, oggetti e situazioni della
vita contadina di un tempo, come l’
Alpe del Giùf (il “giùf “ è il giogo, cioè l’arnese di
legno ricurvo, messo al collo di due buoi per formare il tiro di coppia) e l’
Alpe dei Picìtt,
luogo famoso un tempo per la cattura dei pettirossi (“
i picìtt”).
Dalle note delle visite Pastorali del Vescovo di Como Feliciano Ninguarda redatte nel
1593, si apprende che sulla cima del San Primo era anticamente presente un piccolo
oratorio con annesso ospizio dedicato ai santi Primo, Felicita, Bernardo ed Orsola. Questo
ospizio, così pure altri simili luoghi di ricovero attestati nei dintorni, probabilmente
rifletteva una particolare domanda di soccorso per chi lavorava sui monti o per i viandanti
che si incamminavano lungo la Valassina.
Dal punto di vista faunistico invece l’area del Monte San Primo si presenta particolarmente
interessante, in quanto possiede caratteristiche ambientali adatte alla presenza
di un buon numero di animali, tra cui il Gallo forcello (
Lyrurus tetrix), il Capriolo (Capreolus
capreolus
) e la Lepre comune (Lepus europaeus).
COME ARRIVARE
Dalla Colma di Sormano (1122 m) (raggiungibile dal paese di Sormano o dal Pian del
Tivano mediante una comoda strada asfaltata) si imbocca la strada sterrata in direzione
nord, raggiungendo l’
Alpe Spessola (1238 m; ore 0,50), dominata da uno splendido
faggio. Girando attorno alla testata della Valle di Torno, con vista sugli alpeggi
sottostanti, si sale all’
Alpe di Terrabiotta (1435 m; ore 0,30; 1,20). Proseguendo
lungo la dorsale montuosa si raggiunge quindi la
vetta del Monte S. Primo (1681
m; ore 0,45; 2,10).
In alternativa si può arrivare sulla cima anche dal Pian del Tivano (973m), da Veleso
(812m) o attraverso i Monti di Erno e il Monte Colmenacco (1200m) o i Monti di Là.
Altre possibilità di salita alla vetta del San Primo partono dal
Pian Rancio (973 m).
Qui una strada carrozzabile porta in breve al
Parco Monte San Primo (1114 m),
ampia conca a praterie con boschi circostanti, dove c’è la possibilità di parcheggio. Da
questo punto si può raggiungere l’
Alpe del Borgo (1180m; ore 0,15) e quindi l’Alpe
di Terrabiotta
(1436 m; ore 1; 1,15) e proseguire per la vetta del Monte San Primo
(1681m; ore 1; 2,15), innestandosi sul sentiero che proviene dalla colma di Sormano.
Dal Parco Monte San Primo si può raggiungere anche il
Rifugio Martina (1221 m;
ore 0,30), presso l’
Alpe dei Picìtt, e da qui, seguendo un ripido sentiero, il Monte San
Primo (1681 m; ore 1,10; 1,40).
GRADO DI DIFFICOLTÀ
Elementare
ESCURSIONI NELLA ZONA
La Comunità Montana Triangolo Lariano ha individuato alcuni percorsi botanici lungo le pendici
del Monte S. Primo.
Uno degli itinerari parte dal Pian del Tivano, passando dall’Alpe Baracca (Azienda Agrituristica
Valsecchi, con allevamento di cavalli) e dall’
Alpe del Ciucchetton, per arrivare all’Alpetto
di Torno
(1130 m; ore 0,35). Da qui un secondo sentiero porta in prossimità dell’Alpe
Spessola
(1237 m; ore 0,35; 1,10), attraverso l’Alpe Grossa di Torno (1145 m).
Un altro percorso botanico (ore 1,40) parte invece dal Parco Monte San Primo, sale il ripido
versante del
Monte Ponciv, percorre il crinale fino alla cima del Monte Forcella e quindi
scende all’
Alpe del Borgo,
dove inizia un ulteriore itinerario
(ore 1,40; ore 3,20) che
scavalca il passo tra il Monte
Ponciv e il Monte S. Primo e
termina all’Alpe di Torno (o viceversa).
Le specie botaniche
che si incontrano nelle varie
stagioni lungo i percorsi sono
indicate in un’agevole pubblicazione
curata dall’Ente.
DA VEDERE NEI DINTORNI
La Colma di Sormano
L’antica dizione latina “cùlmen” era il termine con cui i Romani indicavano un punto in montagna,
al termine di una salita. Questi siti erano di importanza strategica poiché permettevano
lo spostamento più breve all’esercito verso un’altra valle e facilitavano i rifornimenti necessari.
Nella terminologia odierna sono indicati dai termini “passo”, “valico”, “colma”, “cùlmine”. La
Colma di Sormano è diventata famosa negli anni Sessanta del secolo scorso per alcune gare
ciclistiche che affrontavano la ripidissima salita del mitico “muro” di Sormano e “passavano” la
Colma per scendere verso il Pian del Tivano. Ciclismo a parte, la Colma di Sormano è oggi un
luogo tra i più frequentati del Triangolo Lariano. Punto privilegiato di osservazione panoramica,
il profilo d’orizzonte varia dai bastioni rocciosi delle Prealpi alle verdi e più dolci sommità
del Cornizzolo, del Palanzone e del San Primo, fin giù nel fondo valle dove i paesi “macchiano”
le boscaglie ed i coltivi. Durante le notti, soprattutto estive, sulla Colma si danno appuntamento
gli astrofili per osservare pianeti e costellazioni. Qui sorge la storica Capanna Stoppani, ora trasformata
in un piccolo osservatorio astronomico, attivo dal 1987, gestito dal Gruppo Astrofili
Brianza. Poco distante, un tipico ristorante - bar per gli amanti della buona cucina. E tutt’intorno
prati e pascoli per un momento di relax o un pic-nic domenicale.
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