Il lago del Segrino ha una forma stretta ed allungata ed occupa gran parte del solco
vallivo delimitato ad est dal Monte Cornizzolo e ad ovest dal Monte Scioscia, al limite
meridionale del Triangolo Lariano. La sua conca è stata scavata durante l’ultima glaciazione
da una lingua glaciale che scendeva dalla Valassina e si immetteva nel Pian
d’Erba. Successivamente tale depressione è stata sbarrata alla sua estremità meridionale
da depositi morenici abbandonati al ritiro dei ghiacci. Secondo un’affascinante
ipotesi avanzata da alcuni geologi, la conca ora occupata dal lago potrebbe rappresentare
un paleo-alveo del fiume Lambro, poi abbandonato e approfondito dai ghiacciai.
Il bacino è formato, nella quasi totalità, da calcari del Giurassico, di origine marina,
con strati ben evidenti, appartenenti alla formazione detta Calcare di Moltrasio. Il lago
non ha immissari - se si esclude una piccola roggia che proviene da Canzo - ma è alimentato
principalmente da sorgenti sublacustri e perilacustri, legate a fessurazioni di
tipo carsico delle rocce circostanti, tra cui la più importante, nota come "
Fons Sacer", è
ben visibile sulla sponda orientale. Un modesto emissario esce dalla parte meridionale
e si getta nel lago di Pusiano.
L’ambiente presenta una tipica vegetazione acquatico-palustre, che forma attorno al
lago delle fasce a composizione floristica variabile con la profondità dell’acqua. Soprattutto
nella parte meridionale del bacino i fondali sono interessati da una vera e
propria prateria sommersa di Millefoglie d’acqua (
Myriophillum spicatum), a cui segue
il cosiddetto nufareto con la Ninfea bianca (
Nymphaea alba) e il Nannufaro giallo (Nuphar
luteum
) e, avanzando ancora verso la riva, il classico canneto a Canna di palude
(
Phragmites australis) e il cariceto, caratterizzato da grossi cespi di carici (Carex sp.).
Lungo le sponde del lago la vegetazione arborea è costituita da Ontano nero (
Alnus
glutinosa
), Salice (Salix alba) e Pioppo (Populus nigra). La copertura dei versanti montani
che racchiudono la conca lacustre è caratterizzata da boschi cedui in cui, a basse
quote, sono prevalenti i Castagni (
Castanea sativa), il cui impianto è dovuto all’uomo.
Interessante è la fauna ittica del Segrino, tra cui spiccano il Pesce persico (
Perca fluviatilis),
il Persico trota (
Micropterus salmoides), il Luccio (Exos lucius) e l’Alborella (Alburnus
alburnus alborella
). Le aree paludose perilacustri sono l’habitat ideale per molti
Anfibi come l’endemica Rana di Lataste (
Rana latastei) e il Rospo comune (Bufo bufo),
oggetto di numerose campagne di salvataggio. Le ampie fasce di canneto e i boschi
sulle sponde del lago offrono rifugio anche a numerosi uccelli stanziali emigratori, tra
cui il Germano reale (
Anas platyrhynchos), lo Svasso (Podiceps cristatus), la Folaga (Fulica
atra
), l’Airone cinerino (Ardea cinerea), il Martin pescatore (Alcedo atthis), la Cannaiola
(
Acrocephalus scirpaceus), lo Sparviere (Accipiter nisus), il Falco Pecchiaiolo (Pernis
apivorus
), il Picchio verde (Picus viridis) e il Codirossone (Monticola saxatilis).
Per quanto riguarda il nome del lago, l’ipotesi più accreditata farebbe risalire il toponimo
Segrino al nome latino
Fons sacer, ovvero una “Fonte sacra”che alimenta il lago, o comunque
dalla storpiatura del termine
sacreno (luogo sacro). Secondo altri autori il nome
del lago sarebbe da collegare al francese
chagrin, “malinconia”, attribuendo questo richiamo
a Stendhal (“
lac du chagrin”, appunto“lago della malinconia”). Invece Carlo Emilio
Gadda ne “
La cognizione del dolore” trasforma il toponimo nel tedesco See grün, ovvero“
lago verde”. Il lago dunque è stato fonte di ispirazione per poeti e scrittori di ogni
tempo, da Giuseppe Parini, a Stendhal, a Ippolito Nievo, che gli dedicò una novella giovanile
(“
La pazza del Segrino”), ad Antonio Fogazzaro con la sua “Malombra”, a Carlo
Emilio Gadda, al poeta dialettale erbese Alberto Airoldi. Il lago e i suoi folti canneti
fanno anche da sfondo ad un’antica e delicata leggenda brianzola, in quanto sarebbero
stati dimora di un terribile drago che seminava il panico tra gli abitanti della zona. Per
placare il suo distruttivo furore, il re ordinò di offrire al famelico mostro tutto il bestiame
del regno, ma presto, poiché l’insaziabile fame non si placava, dovette passare alle vittime
umane. Un brutto giorno la sorte cadde sulla dolce principessa Cleodolinda, che
venne accompagnata sulle rive del lago sotto una pianta fiorita di sambuco e abbandonata
al suo destino. Ma in quel momento passava di lì un imponente cavaliere su un
cavallo bianco. Era San Giorgio, il quale, commosso dalle sue lacrime, le donò un ramo
fiorito di sambuco, e quindi affrontò il mostro, ferendolo al collo con la lancia. Il Santo
legò il drago e lo condusse prigioniero dal re, al castello di Morchiuso, dove lo finì sotto
gli occhi di tutta la corte. Cleodolinda stringeva ancora tra le mani il rametto fiorito di
sambuco, dal quale si staccarono le bianche corolle, cadendo nell’impasto del “
pan de
mei
”che la cuoca del castello stava preparando per la tavola reale. Nacquero così i“pan
meitt
”, dolci tipici fatti con farina bianca, farina gialla, uova, zucchero e fiori secchi di
sambuco, tradizionalmente offerti nel giorno di S. Giorgio (24 aprile).
Non è invece una favola, ma una bellissima realtà la storia recente del lago. C’era una volta…
uno specchio d’acqua molto trascurato - come del resto lo era buona parte della Brianza; negli
anni ‘70 dello scorso secolo il lago del Segrino infatti versava in una situazione di grave inquinamento
e degrado a causa dell’immissione di scarichi fognari civili ed industriali e della navigazione
a motore utilizzata per lo sci d’acqua, proibita solo nel 1983. Agli inizi degli anni ’80 le
Amministrazioni locali, dopo un periodo di saltuarie iniziative individuali, hanno avviato un
programma comune per il recupero e la salvaguardia del lago e del territorio circostante, che
ha portato alla costituzione nel 1984 di un Parco Locale di Interesse Sovracomunale, la cui gestione
è stata affidata ad un Consorzio tra la Comunità Montana del Triangolo Lariano ed i Comuni
di Canzo, Eupilio e Longone al Segrino. Grazie all’impegno dell’Ente Parco, che si è avvalso
della collaborazione di un comitato
scientifico di esperti di alto livello, in
poco più di una decina di anni si è ottenuto
un netto miglioramento della
qualità dell’ambiente naturale, nonché
una valorizzazione degli aspetti
turistico-ricreativi e didattici dell’area.
Un attrezzato lido, una pista ciclopedonale,
un Centro Visitatori
rendono il Segrino un punto di ritrovo
per amanti della natura, sportivi, famiglie
e per chiunque voglia passare
qualche momento di relax nel verde.
COME ARRIVARE
Il lago del Segrino (374m) si raggiunge agevolmente in auto da
Longone al Segrino, da Eupilio
e da Canzo, essendo collocato a ridosso della strada principale del Triangolo Lariano, la
SP41 “Valassina” Milano - Erba - Canzo - Bellagio.
ESCURSIONI NELLA ZONA
Oltre al percorso attorno al lago, che si snoda su
una comoda pista ciclopedonale di 5 km, la zona
offre una serie di interessanti sentieri.
- Sentiero di Fontanavilla, dal Centro Visitatori a
Longone, seguendo la sponda occidentale del lago,
lungo le prime propaggini del monte Scioscia (ore
0,30).
-
Sentiero del Monte Scioscia, all’estremità settentrionale
del lago si imbocca un sentiero che sale
con un ampio giro attorno alle pendici del Monte
Scioscia, ne raggiunge la vetta (652 m) e dopo
avere transitato per la località Belvedere, scende
al Centro Visitatori di Longone (ore 1,30). Qui ci si
può innestare sul precedente Sentiero di Fontanavilla
per creare un percorso ad anello.
-
Sentiero dei Budracchi, da Canzo (via Madonna
di Caravaggio) si prosegue lungo un sentiero in costa sulle pendici del Monte Pesora (anticima
occidentale del Monte Cornizzolo) fino al Fontanino Budracchi. Da qui si può continuare il giro
del lago sulla pista ciclopedonale (ore 1,40).
-
Sentiero dell’Ova - Alpe di Carella - Gajum (Sentierone), da Carella di Eupilio (Via Monte
Cornizzolo) si sale, seguendo la strada o lungo l’antica mulattiera che la interseca, all’Alpe di Carella
(658 m), proseguendo poi a mezza costa sul versante occidentale del Monte Pesora fino
alla località Lazzaretto di Canzo (460m) e quindi a Gajum (485m; ore 2,15). Da qui, risalendo
la Val Ravella con il Sentiero Geologico
“Giorgio Achermann”, si può giungere al
Rifugio Terz’Alpe (792 m).
-
Sentiero del Piantone - Alpe Fusi -
Monte Pesora
, da Carella di Eupilio (Via
Monte Cornizzolo) si sale all’Alpe di Carella
(658m), dove è posta una sbarra che
impedisce il traffico automobilistico e
quindi all’ex-Alpe Fusi (950 m; ore 0,45),
dove svetta un faggio secolare. Si sale poi
per un ripido tratto sulla vetta del Monte
Pesora (1190 m; ore 1,30), per ridiscendere
dalla Val Pesora fino alla località Lazzaretto
di Canzo (466 m; ore 1),
innestandosi sul sentiero precedente.
DA VEDERE NEI DINTORNI
Presso l’estremità settentrionale del Segrino
esiste una curiosa edicola votiva, recentemente
risistemata, conosciuta come
“
Edicola del Caradùr indurmentaa”. Da
un lato è alloggiata una statua della Madonna,
dall’altro verso il lago, è riportato
un pannello realizzato nel 1996 dal pittore
Walter Cremonini, raffigurante un uomo
addormentato che sta attraversando il lago
sul suo carro. Questa santella è legata ad
un fatto particolare. Si racconta che durante
un freddo inverno, un carrettiere (
caradùr),
di ritorno verso Canzo da Eupilio, si
addormentò alla guida del suo carro di
fieno, tirato da una coppia di buoi. Al suo risveglio,
l’uomo vide con sgomento sulla
superficie gelata del lago le tracce degli zoccoli e delle ruote, e comprese come avesse deviato
dalla strada, attraversando il lago. A ricordo del fatto, egli volle far erigere una cappella di ringraziamento
alla Madonna per la grazia ricevuta.
Sulle pendici del Monte Pesora, presso l’ex-Alpe Fusi, sopra Eupilio, isolato sul versante che
scende verso il lago del Segrino, svetta un magnifico esemplare di faggio, visibile da tutta la
Brianza, detto “il Piantone”. Nonostante le dimensioni non eccezionali, è molto caratteristico
per la sua forma asimmetrica e il suo aspetto contorto, che ne fanno un vero e proprio monumento
vegetale. È anche detto Faggio di Segantini, perché si racconta che il grande pittore divisionista
fosse solito salire fin qui a dipingere. Per questo motivo è stato richiesto alla Regione
il suo riconoscimento ufficiale come Monumento Naturale.
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