Origine
Medievale (XI secolo).
La sua origine viene fatta risalire all’opera dei frati
benedettini di San Pietro al Monte di Civate: si narra infatti che Federico I
donò il territorio di Barni ad Algiso, abate di Civate.
Secondo Carlo
Perogalli gli unici elementi originali, vale a dire appartenenti all’antica
struttura medievale romanica, presenti nella costruzione attuale sono il
campanile e il presbiterio in quanto la chiesa, nel corso della sua storia,
subì due ampliamenti, databili ai secoli XV e XVI.
Carlo Mazza
ipotizza il 1413 come anno di consacrazione di San Pietro. Il Gianola, però,
non concorda con questa affermazione: in un’epigrafe sopra la porta lesse la
data 1573, vero anno di consacrazione. Questa ipotesi è stata confermata in
anni più recenti dal Maderna, nell’elenco delle opere iniziate o compiute tra
il 1564 e il 1632 nella Diocesi di Milano.
Ebbe il ruolo di parrocchia del paese
fino al XVII secolo, quando fu edificata la chiesa di Santa Maria Annunziata,
in una posizione più centrale.
Descrizione esterna
La chiesa è situata, in posizione elevata, fuori l’abitato di Barni nell’area
cimiteriale: alcune lapidi sono poste sulla parete destra dell’edificio.
La semplice facciata intonacata presenta
una porta d’ingresso sormontata da una nicchia, probabilmente un tempo
affrescata con l’immagine del santo titolare, e da una finestra.
Lungo la parete destra si incontra la
torre campanaria, architettura romanica originaria sulla quale si aprono in
sequenza un ordine di monofore e due ordini di bifore.
Descrizione interna
L’edificio è composto da un’aula rettangolare, sulla quale si innesta
l’abside semicircolare; le due parti sono divise da un transetto leggermente
più largo della navata. Alla destra di questo transetto si aprono una cappella
quadrata e un piccolo locale che funge da sacrestia.
L’interno dell’edificio è abbastanza
rovinato a causa delle infiltrazioni di umidità e dello stato di abbandono in
cui versa. Vi si conservano diversi affreschi nel presbiterio e nella cappella
che fuoriesce dal corpo della fabbrica sul lato destro. Questi affreschi furono
citati da san Carlo Borromeo negli atti della sua visita pastorale, il 20
ottobre 1570: egli descrisse le pareti della chiesa interamente coperte da
pitture che, però, erano molto rovinate, a causa della loro antichità.
Nel sottarco della cappella destra si trovano le figure di Sant’Antonio Abate e degli Apostoli;
sulla parete sinistra San Sebastiano,
la Madonna in
trono con Bambino e san Rocco e una Santa
martire. Questi dipinti risalirebbero al XVII secolo.
Più antichi, anche se molto rimaneggiati tra il XIX e il XX secolo, sono gli
affreschi del presbiterio. Nell’abside è conservata una Crocifissione tra santi. Da sinistra verso destra si riconoscono:
san Giovanni Battista, le pie donne che sorreggono la Vergine, la Maddalena, san Giovanni
Apostolo, una santa di cui è conservato solo il volto e un santo con barba
bianca, di cui non è visibile alcun attributo che ne possa favorire il
riconoscimento; tra Giovanni Battista e la prima delle pie donne si intravede
il viso nimbato di un’altra santa, la cui testa è coperta da un velo. Sotto
questa fascia affrescata corre una scritta contemporanea ai rifacimenti: “chi vuole venire dietro a me prenda la sua croce
e mi segua. cosÍ
insegna”. Nella parte
inferiore, invece, finti tendaggi sono ornati da fiori stilizzati.
Nella calotta absidale compare Dio Padre benedicente tra gli angeli.
Questo schema richiama le composizioni di epoca medievale. Effettivamente, sono
stati eseguiti degli assaggi: sopra la testa del Padre si scorge un’immagine
più antica che sembrerebbe la sommità di una mandorla, mentre a destra di
questo lacerto si intravede la sagoma di un volto con una chioma riccia. Il
Cristo racchiuso in una mandorla è un soggetto tipico delle decorazioni
medievali delle calotte absidali, ma non solo: lo si ritrova, per esempio,
nelle raffigurazioni del Giudizio
Universale, spesso situate sulla controfacciata di una chiesa. Si potrebbe
pensare che gli affreschi attuali riproducano quelli più antichi, già
danneggiati all’epoca delle ridipinture.
Nel sottarco del presbiterio sono
rappresentate altre due figure: a sinistra una Santa monaca, mentre a destra San
Francesco; la santa non è accompagnata da nessun attributo, però dalla
veste si può ipotizzare che appartenesse all’ordine francescano (potrebbe
quindi trattarsi di santa Chiara).
Sulla parete sinistra
dell’aula è presente un ultimo affresco molto degradato: rappresenta San Lucio, protettore dei pastori e dei
casari. Quella di san Lucio non è un’immagine molto frequente in questa zona:
sono noti solo altri due casi, in San Rocco a Castelmarte e in San Pietro al
Monte a Civate.
L’autore di
questi affreschi è ignoto. È stato ipotizzato il nome dei De Veris (autori del Giudizio Universale in Santa Maria dei
Ghirli a Campione d’Italia); tale supposizione si fonda per ora solo sul fatto
che la famiglia De Veris era originaria di Barni.
Bibliografia
c. gianola, La
Vallassina: memorie
civili e sacre, Milano, 1898
v. longoni, Fonti per la storia del Triangolo Lariano.
Il Medioevo, Lipomo, 1999
g. b. maderna, Appunti sull’edilizia religiosa minore in
Diocesi di Milano tra Carlo e Federico Borromeo, in «Accademia di san Carlo.
Inaugurazione del 3° Anno Accademico», Oggiono, 1980
c. mazza, Memorie storiche della Vallassina,
manoscritto, 1796; in Memorie storiche
della Vallassina: dal manoscritto del 1796, a cura della Biblioteca Comunale di Asso, Asso, 1995
c. meroni, Antichi edifici religiosi del Triangolo
Lariano, Varese, 2011
a. mosconi,
Barni in Vallassina, Brescia, 1969
c. perogalli, Quattro chiese medioevali della Valassina,
Milano, 1953; a. mosconi, Barni in Vallassina, Brescia, 1969
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