GROTTE DELL’ALPE DEL VICERE’
L’Alpe Turati o Alpe del Vicerè è situata nella parte meridionale del Triangolo Lariano ed occupa una superficie di circa tre chilometri quadrati con altitudine compresa tra i 750 ed i 900 metri sul livello del mare.
I limiti dell’altipiano possono identificarsi verso nord nelle propaggini del Monte Bolettone (Torre del Broncino), nella valle del torrente Cosia a ovest, nelle pareti strapiombanti sul torrente Bova a est, ed a sud nei pendii che digradano verso la pianura briantea.
Un tempo adibita a pascolo e coltivo è stata successivamente ampiamente antropizzata con la costruzione di svariati insediamenti che sicuramente hanno occultato in parte le forme di carsismo superficiale presenti alle nostre latitudini.
Attualmente sono ancora visibili diverse forre e doline che rispecchiano a volte i percorsi delle cavità sotterranee.
Parte di una serie di altipiani strutturali legati alla presenza di una anticlinale fagliata, l’Alpe Turati è essenzialmente costituita da un calcare micritico bianco ben stratificato con noduli e liste di selce localmente conosciuto come “Maiolica”. L’età di questa formazione geologica è compresa tra i 135 ed i 130 milioni di anni, lasso di tempo intercorrente tra il Giurassico superiore (Titoniano) ed il Cretaceo inferiore (Neocomiano).
Altri aspetti geologici dell’Alpe sono assai noti per la presenza di giacimenti fossiliferi del Rosso Ammonitico Lombardo che con le Radiolariti e gli Aptici è talora presente nei livelli di base delle cavità.
Il calcare Maiolica, per altro altamente carsificabile e qui traforato da grotte, è circondato per due terzi dalla serie normale dei terreni (Aptici, Radiolariti e Rosso ammonitico) e per la restante porzione dai calcari di Domaro e Moltrasio. Contatto, quest’ultimo, provocato dal sovrascorrimento del Broncino (Sinclinale-faglia di “Val Ravella” degli autori).
Caratteristiche geologiche e carsismo
La zona dell’Alpe si trova al tetto della serie geologica giurassico-cretacea dell'Alpe Turati, nota per l'importante giacimento fossilifero ad Ammonites. In particolare, però, l'altipiano è composto quasi esclusivamente dalla formazione cretacea del Calcare Maiolica ascrivibile al piano del Titonico superiore e del Neocomiano inferiore (140 ma), essendo gli affioramenti della formazione del Rosso Ammonitici Lombardo relegati solo ad alcune zone del margine meridionale. La Maiolica è un calcare piuttosto puro, di origine chimico-organogena depositatosi in ambiente pelagico. Strutturalmente appare ben stratificato in strati decimetrici, con alternanze di selce in lenti o in letti. Questi ultimi probabilmente dovuti a migrazione diagenetica in fase di litificazione. Dal punto di vista strutturale, l'area è interessata da un importante sovrascorrimento verso Sud che, mediante l’accavallamento dei due settori ha portato ad un considerevole incremento della potenza del pacco calcareo che in alcuni casi raggiunge più di 100 m di spessore. Dal momento che questa formazione possiede una elevata carsificabilità e considerando l'importante deformazione strutturale che l'attraversa, si sono verificati i presupposti per lo sviluppo di fenomeni carsici sia superficiali che profondi. Nell'area sono infatti conosciute decine di cavità, prevalentemente superficiali e di scarso sviluppo, ad esclusione delle grotte “Lino”, “Stretta”, “Buco del Piombo”e “Presidente”. Le prime tre (e probabilmente anche l'ultima) fanno parte di un unico complesso che si snoda per oltre 6000 m all'interno della Maiolica. Il sistema di gallerie interessa il pacco calcareo per tutta la sua potenza essendo gli ingressi alti (Grotta Lino) posti sul piano di assorbimento mentre l'ingresso basso (Buco del Piombo) si apre al contatto con la formazione del Rosso ad Aptici e delle Radiolariti, pochissimo carsificabili, che fungono da limite di base impermeabile del sistema. Il complesso è, come già detto, impostato lungo la rete di fratture decorrenti in direzione Est-Ovest, complicato da gallerie controllate da fratture che la intercettano. Interessante notare come tutte le condotte conosciute si trovino a Sud della galleria principale. La Grotta Lino si comporta da cavità assorbente e si sviluppa su almeno tre livelli raccordati tra loro da approfondimenti vadosi o da pozzi impostati in corrispondenza dell'incrocio di più fratture. I diversi corsi d'acqua che in essa si originano confluiscono in un unico collettore in comunicazione con i rami profondi del Buco del Piombo il quale si comporta da esutore di tali acque. In corrispondenza del collegamento Lino - Piombo, si inserisce l'affluente grotta Stretta. Per ciò che concerne il Buco Del Piombo, il suo tratto mediano appare complicato dalla presenza di due gallerie che si sviluppano su due piani differenti, l'una con direzione dapprima parallela alla condotta principale e quindi con direzione Sud, mentre l'altra con direzione Sud-Ovest, dopo un dislivello positivo di 75 m rispetto all’ingresso principale, sbocca all’esterno (ingresso LoMaCa). Da sottolineare il fatto che la seconda galleria, poco dopo la diramazione della galleria principale, intercetta la formazione del Rosso ad Aptici.
Oltre a queste grotte principali sono degne di nota la “Grotta del Nonno” presso l’Alpe del Vicerè ed il complesso carsico denominato “Acqua della Volpe”, sul versante che digrada verso la Val Cosia. La prima, scoperta alla fine degli anni ’90 e non molto estesa, si sviluppa attorno ad un ampio salone di oltre 400 m2 di ampiezza, riccamente concrezionato. Le grotte della Val Cosia, invece, nonostante siano cavità molto superficiali e di breve estensione, sono percorse da un piccolo corso d’acqua che le collega tra di loro e presentano degli ambienti molto suggestivi.
Le grotte che si sviluppano all’interno del Calcare Maiolica, presentano un diffuso concrezionamento, caratterizzato da massicce strutture calcitiche, spesso così sviluppate da andare ad ostruire quasi completamente il passaggio.
Di particolare pregio sono alcune zone interne del Buco del Piombo, come la bellissima “Galleria degli Alchimisti”, oppure come il collettore della “Stretta” o, ancora, come le gallerie presso l’ingresso della grotta “Lino”.
Oltre agli aspetti di interesse puramente speleologico, molte di queste cavità sono importanti siti paleontologici. Tra i reperti fossili rinvenuti, un posto di prim’ordine spetta senza dubbio ai numerosi resti di Ursus speleus: un grande plantigrado vissuto tra 450.000 e 18.000 anni fa.
Tra tutte le cavità della zona, il Buco del Piombo è senza dubbio la più famosa del Triangolo Lariano. Conosciuta da sempre, attualmente è stata riattezzata per le visite turistiche. I visitatori vengono guidati lungo un percorso che, a partire dal maestoso androne di accesso, si sviluppa per un breve tratto seguendo la cosiddetta “Galleria Antica”, lungo il greto del torrente sotterraneo che percorre la cavità.